L'uliveto dei Wwoofers

Quando camminavamo lungo la strada provinciale che taglia il nostro terreno sul crinale sud e guardavamo verso il basso, i nostri occhi potevano scorgere con difficoltà la cima di un ulivo emergere faticosamente da una vegetazione compatta di rovi e vitalba, un ammasso informe che rendeva le distanze insormontabili e impenetrabili e non ci lasciava neppure immaginare la reale conformazione del terreno.

Quando camminavamo lungo la strada provinciale che taglia il nostro terreno sul crinale sud e guardavamo verso il basso, i nostri occhi potevano scorgere con difficoltà la cima di un ulivo emergere faticosamente da una vegetazione compatta di rovi e vitalba, un ammasso informe che rendeva le distanze insormontabili e impenetrabili e non ci lasciava neppure immaginare la reale conformazione del terreno. Ci chiedevamo se fosse stato terrazzato o se fosse impervio, cosa mai ci avrebbe aspettato a fondo valle, in quell'orrido dove scorreva il rio che attraversava poco più a monte la strada, quanti anni avesse avuto quella splendida quercia alta forse oltre 40 metri, eretta e spoglia come uno scheletro supplicante verso il cielo. Avremmo mai trovato il tempo e il coraggio di avventurarci nell'impresa titanica di recuperare quel piccolo angolo della nostra terra così a lungo dimenticato dalla mano dell'uomo e del quale la natura non aveva faticato a impadronirsi.

Cassy, Darcy, Guido, Lucia e MassimoCi chiedavamo come fosse possibile che, in un posto così ben esposto, un tempo sicuramente coltivato ad uliveto, potesse essere cresciuto un tale groviglio di piante selvatiche che lottavano per avere il predominio l'una sull'altra. Come fosse possibile che quell'angolo di terra fosse rimasto abbandonato a se stesso per tanti anni, senza che nessuno se ne prendesse cura.

Il coraggio di iniziare il lavoro di recupero ci è venuto dall'entusiasmo e dall'aiuto dei Wwoofers che quest'estate si sono avvicendati nella nostra "farm", ed è per questa ragione che abbiamo voluto dedicare questo angolo di uliveto a loro, chiamandolo appunto l'"Uliveto dei Wwoofers" e dedicando loro alcuni degli alberi che con tanta fatica e buona volontà ci hanno aiutato a liberare e riportare alla luce.

Abbiamo iniziato prima dalle terrazze più in alto, quelle più vicine alla strada, per permetterci di allontanare dall'uliveto i rovi e la vitalba appena tagliati e accumularli sulla piana superiore, più vasta e aperta e soprattutto priva di vegetazione, a ridosso della strada. Questo per poter creare una catasta da poter bruciare con comodo ed in sicurezza appena il clima si fosse fatto meno asciutto. Usare il nostro biotrituratore per fare questo lavoro sarebbe stato impossibile perché i rovi e le vitalbe formavano un ammasso compatto tale da non permetterci di imboccarli nell'imbuto di alimentazione della macchina. Siamo poi scesi, di piana in piana, verso il basso, creando dei grandi cumuli su ogni piana appena sgomberata. In teoria sarebbe stato più razionale fare l'opposto, comiciando dal basso e facendo scendere verso il basso la vegetazione tagliata, ma era praticamente impossibile raggiungere le terrazze più basse a causa della vegetazione impenetrabile.

Eddy ed Alex di fianco a Cayley, l'olivoIo, Guido, andavo avanti col decespugliatore, armato di disco a quattro denti, tagliando prima in verticale dall'alto verso il basso e poi in orizzontale, dividendo i nodi di vegetazione in sezioni più facili da asportare, fino ad arrivare finalmente al livello del terreno. Spesso mi trovavo a lavorare ben al di sopra della mia testa tanto il groviglio era alto. Dietro me Brunella e i Wwoffers (prima Cassy, Darcy, Lucia e Massimo e poi Katie e Lukas e ancora Alex ed Eddy): chi con il forcone e il rastrello raccoglieva ed ammucchiava il tagliato, chi puliva e districava l'intreccio sugli ulivi ed intorno ad essi armato di cesoie di tutte le forme e dimensioni (lì il decespugliatoreavrebbe rischiato di danneggiare la pianta), chi segava i tronchi di ulivo o di altri alberi caduti. Alla fine della giornata, tutti eravamo provati dalla fatica e dai graffi su gambe e braccia nonostante gli abiti da lavoro pesanti che ci proteggevano. Qualcuno si è anche portato a casa una piccola ferita di guerra sulla gamba procuratasi con la roncola.

Ma che soddisfazione e che gioia veder riemergere, dal fondo oscuro di quell'intrico, il ceppo di un vecchio olivo apparentemente secco, ma ancora vitale che con timidezza lanciava verso il cielo un ramoscello verde da una radice affiorante in superficie nella speranza di trovare un po' luce e aria anche per sé. Che soddisfazione, alla fine di ogni mattinata di lavoro, guardare la trasformazione che stava subendo l'uliveto, mostrando l'impensata bellezza di un anfiteatro le cui gradinate erano i terrazzamenti a secco ancora miracolosamente in piedi. Che sorpresa, una volta arrivati in fondo all'avvallamento, scoprire che il rio penetrava in basso un boschetto di noccioli formando piccole pozze e anfratti che avrebbero fatto la gioia di Artù, il nostro Labrador nero, appassionato di acqua in ogni sua forma. Lucas e Katie di fianco ad Appalachia, l'olivoScoprire che anche i rovi, vicino all'acqua, possono donarti qualche mora dolcissima. Accorgersi che quella splendida quercia, che senza che nessun se ne accorgesse era schiantata al suolo con il vento di quella primavera, aveva una base di quasi 1 metro e mezzo di diametro ed ora riposava, appoggiata ad un muretto in pietra. Muretto a secco costruito chissà quanti anni prima per arginare l'impetuosità del rio che nei periodi delle piogge si gonfiava e, se non governato, trascinava con sè la poca terra accumulata con fatica sulle rocce di scisto.

E allora, incantati da quel piccolo paradso, abbiamo immaginato i contadini che, chissà quanti anni prima, dopo aver falciato l'erba per preparare l'uliveto alla raccolta, si riposavano all'ombra dei noccioli e al fresco del rio che scorreva lento, e facevano merenda scambiandosi il fiasco di vino e servendosi il condiglione e il pan bagnau.

Oltre agli ulivi sono emersi anche un noce, un pero ed un nespolo. Gli ulivi che per ora hanno ricevuto un nome dai Wwoofers sono: Appalachia, dal nome di una delle due catene montuose che percorrorno da nord a sud il continente Americano (scelto da Lukas e Katie), e Cayley, dal nome del college dove Alex ed Eddy studiano in Inghilterra.